Chiesa dei Cappuccini

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Il convento fu adattato come ricovero di emarginati e la chiesa rimase ancora aperta al culto. In epoca recente il progressivo degrado del complesso ne ha provocato l’abbandono. Il convento è stato sottoposto ad un intervento di ripristino ancora in corso. La chiesa è stata saccheggiata e devastata: soltanto le opere d’arte più significative sono state salvate mentre arredi lignei ed iscrizioni sono stati sottratti o vandalicamente distrutti. Attualmente della chiesa rimane il nudo involucro murario. Anche il contesto in cui sorgeva il convento ha subito trasformazioni devastanti: la bella discesa a più rampe che conduce al sottostante rione di Vaccarella, con terrazzi panoramici, è stata sconvolta per adattarla a strada carrabile. Il complesso segue i canoni tipici dell’architettura cappuccina, ispirata al voto di povertà dell’Ordine ed affidata per la realizzazione agli stessi frati. La chiesa, in antico dedicata alla Madonna dell’Itria, è intitolata all’Assunta: è a navata unica, preceduta da un portico e sormontata dal campanile a vela. Sul lato sinistro della navata è affiancato un corpo, evidentemente aggiunto, che comprende un ingresso laterale e due profonde cappelle che rendono asimmetrica la planimetria della chiesa. Un cancello neoclassico introduce al portico che protegge la porta principale.

Tutte le aperture, dal disegno essenziale, sono incorniciate in pietra. L’interno era dominato dal grandioso altare ligneo scolpito, con edicola ornata da paraste corinzie, paliotto e tabernacolo intarsiati in madreperla. Il tabernacolo era altresì ornato di statuine dell’Immacolata e degli apostoli. Nell’altare era sistemato un trittico di Onofrio Gabrielli, raffigurante l’Assunzione tra le sante Lucia e Caterina d’Alessandria. Nella cimasa era una piccola tela raffigurante l’Eterno Padre. Sul lato destro si susseguivano tre altari in legno con la bottega di San Giuseppe, altro dipinto del Gabrielli, la statua policroma si San Felice si Cantalice ed il quadro della Madonna degli Abbandonati dono dei valenziani abitanti a Milazzo. Seguiva il pergamo ligneo. Sul lato sinistro le due profonde cappelle erano dedicate al Crocifisso, con un simulacro policromo, ed alla Madonna degli Angeli con San Francesco d’Assisi e Santa Chiara, con una pala opera di Scipione Pulzone e eseguita nel 1584 e chiaramente acquisita nella fase della fondazione. Sopra l’ingresso era sistemata la cantoria, ornata da statuine pur sottratte. Nella piccola sacrestia era un bell’armadio. Il pavimento della sacrestia era in ceramica policroma a semplici disegni geometrici. Numerosi dipinti minori erano appesi alle pareti. Iscrizioni sepolcrali costellavano pavimento e pareti. Nella volta della chiesa si conserva lo stemma in stucco dell’ordine.

Le ripetute distruzioni hanno risparmiato ben poco dei lavori in legno: il paliotto ed il tabernacolo dell’altare maggiore (spogliato di tutte le statuine) sono conservati nella chiesa del Rosario mentre la restante macchina lignea è stata abbattuta al suolo e distrutta come gli altri altari e il pergamo. L’armadio della sacrestia era stato sottratto ma è stato recuperato. Sono stati salvati tutti i dipinti del Gabrielli (fatta eccezione per il quadro dell’Eterno, sottratto) ed il dipinto del Pulzone nonchè la statua policroma di San Felice, ed il Crocifisso, che ornano la chiesa dell’Immacolata. Nella chiesa del Rosario si conservano inoltre il quadro spagnolo della Madonna degli Abbandonati, i quadretti settecenteschi di Sant’Antonio di Padova e San Bonaventura ed una modesta Madonna dell’Itria. Dipinti minori (San Michele, il beato Bernardo da Corleone, l’Ultima Cena) sono conservati all’Immacolata. Dietro la chiesa è l’ingresso al convento, con una corte aperta sulla strada, al cui centro pare fosse una cisterna: il fabbricato si dispone su tre lati e l’ingresso doveva essere sbarrato da un basso muro di cui sopravvive un breve tratto con una semicolonna decorativa. Una semicolonna simile si conserva sull’adiacente parete posteriore della chiesa e al di sopra si osserva ancora una meridiana. Un arco immette nel secondo angusto cortile a pianta quadrata. L’edificio, scandito all’esterno da sobrie finestre architravate in pietra, presentava all’interno corridoi lungo i quali si aprivano le celle ed altri ambienti, ancora in corso e aboliti nel corso dei lavori di adattamento ad altra destinazione.

Chillemi F. Milazzo città d’arte. Disegno urbano e patrimonio architettonico, Messina 1999.